
Che ruolo ha avuto la scrittura nella genesi e diffusione di composizioni che per la prima volta hanno accostato suoni prodotti da musicisti davanti ad un pubblico a suoni registrati su nastro magnetico e riprodotti da altoparlanti? Quali limiti e potenzialità sono emerse nel comporre per un ensemble elettroacustico nella sua fase aurorale? Quali funzioni e forme ha assunto la scrittura nel processo creativo di musica per un genere musicale intrinsecamente ibrido?
Nel corso della Conversazione si comincerà a rispondere a queste domande prendendo in esame alcuni dei primi tentativi di musica mista a partire dal 1948 alla luce di tre ‘scene di scrittura’, intese come fenomeni che permettono di focalizzare le sfide compositive che i compositori si sono trovati ad affrontare nel tentativo di mettere per scritto una realtà sonora nuova.
- Processo di ibridazione tra vecchie e nuove operatività del comporre
Esplorando il processo creativo di ‘Musica su due dimensioni’ (1952) di Bruno Maderna si esamina il biunivoco processo di ibridazione tra modalità compositive proprie del comporre su carta, per strumenti tradizionali, e un’operatività influenzata dal contatto diretto con la materia sonora in studio.
- Un’unica partitura definitiva: o non sufficiente o completamente assente
Prendendo in esame ‘Still Point’ (1948) di Daphne Oram si rifletterà sulla difficoltà della compositrice di dare una forma scritta definitiva al lavoro elettroacustico e sulla necessità di una edizione critica postuma. Allo stesso tempo si citeranno casi in cui, al contrario, sono state prodotte diverse versioni quasi definitive, mai soddisfacenti per il compositore come in ‘Différences’ (1958-59) di Luciano Berio oppure casi in cui sono state licenziate più partiture con funzioni diverse, come in ‘Kontakte’ (1958-60) di Karlheinz Stockhausen.
- La questione della autorialità nel processo compositivo
Infine, si analizzerà la necessaria collaborazione nel processo compositivo tra compositore e tecnici del suono o interpreti, come per esempio il ruolo della cantante Carla Henius nel processo di messa a punto de ‘La fabbrica illuminata’ (1964) di Luigi Nono, fondamentale anche e soprattutto nel tentativo di dare una convincente forma scritta al lavoro.
Le fonti primarie relative alle composizioni citate – conservate presso la Fondazione Paul Sacher di Basilea, l’Archivio Luigi Nono e la Daphne Oram Collection alla Goldsmiths University of London – sono state analizzate attraverso un duplice approccio teorico e metodologico, rifacendosi da una parte ai più recenti studi musicologici sull’analisi dei documenti manoscritti (Friedemann Sallis; William Kinderman, Bernhard R. Appel), dall’altra a riflessioni filosofiche sulla scrittura, indagata non in relazione a un sistema linguistico di riferimento (in senso logocentrico), bensì nei meno evidenti aspetti materiali, figurativi e funzionali (Sybille Krämer).
16 febbraio 2021, ore 17
Elena Minetti