Il fascismo fece un uso tutt’altro che ingenuo della musica, del cinema e dei mezzi di comunicazione di massa. Sin dalla sua ascesa nel 1922, il regime intraprese un vasto progetto di programmazione della “cultura popolare”: varò una propria estetica, stabilì un canone artistico, costruì una tradizione in senso nazionalistico ed edificò un’enciclopedia culturale a proprio uso e consumo. Il programma d’indottrinamento delle masse e costruzione del consenso messo in atto dal regime fece leva soprattutto su un uso capillare dell’industria culturale, trasformata in una vera e propria “industria della persuasione”. La capillare burocratizzazione della cultura, messa in atto attraverso il controllo delle rappresentanze delle categorie di lavoratori, il sistema di premi e sponsorizzazioni, l’azione degli organi di censura, massimizzò il grado di interventismo dello Stato nella vita artistica, portando nei fatti a una fascistizzazione della cultura di massa italiana. Il regime mussoliniano commissionò creazioni cinematografiche “di tendenza”; bandì concorsi per musiche operistiche e strumentali che celebrassero le imprese del fascismo; incentivò la produzione di inni, canzoni e musiche corali che riunissero il popolo italiano in una sola voce; promosse creazioni delle arti figurative ispirate a un vero e proprio canone estetico di regime.
Una ricca produzione di letteratura critica ha messo a tema negli ultimi anni l’industria culturale del fascismo, prendendo in esame i meccanismi di costruzione del consenso, l’esercizio della censura, la cinematografia “di tendenza”, la cultura popolare, l’apparato industriale e amministrativo, l’immaginazione coloniale, l’attività giornalistica e radiofonica ecc. Da questa operazione di riscoperta storiografica è stata inspiegabilmente tagliata fuori finora la componente musicale: è mancato in altre parole di guardare al ruolo svolto dalla musica nell’industria culturale del fascismo. Ciò ha portato a ignorare la grande parte di un paesaggio musicale quanto mai variegato, stratificato, polistilistico, che pervade il Ventennio in un fluire di parate militari, pellicole, grammofoni, radio ecc. Il presente volume intende colmare questa lacuna storiografica. L’obiettivo comune è promuovere, a cento anni dalla Marcia su Roma, una meditazione collettiva sul ruolo precipuo svolto dalla musica nella edificazione e divulgazione dei miti fondativi del fascismo e nei processi retorici di legittimazione e difesa del regime.
Contributi di Rossella Marisi, Isabella Abbonizio, Stefano A. E. Leoni, Elena Mosconi, Graziella Seminara, Maurizio Corbella, Leonardo Quaresima, Enrico Fubini, Maria Borghesi, Francesco Finocchiaro.
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